Sul Journal for ImmunoTherapy of Cancer nuovo studio dell’Istituto Regina Elena, sostenuto da AIRC. Ciliberto: “I risultati conducono allo sviluppo di terapie efficaci che colpiscano non solo le cellule di melanoma, ma anche l’interazione tra queste e l’ambiente immunosoppressivo che le circonda”.
Il mondo è concentrato a frenare l’avanzare dell’epidemia Covid 19 causata dal virus SARS-CoV-2. Ma la ricerca contro il cancro non si ferma e, anche in questo momento, silenziosamente, raggiunge traguardi importanti.
C’è una malattia che continua ad avanzare nel mondo e la cui incidenza negli ultimi 10 anni aumenta progressivamente: il melanoma. Novità interessanti sulla lotta al tumore arrivano dall’Istituto Tumori Regina Elena. Uno studio condotto dal gruppo diretto da Donatella Del Bufalo ha dimostrato che le cellule di melanoma attivano vie metaboliche particolari che sono in grado di attrarre cellule del sistema immunitario, i macrofagi, e di “educarli” a favorire la crescita e l’aggressività del tumore stesso. I risultati, ottenuti in collaborazione l’Università del Piemonte Orientale di Novara, sono pubblicati sul Journal for ImmunoTherapy of Cancer (JITC).
“In questo lavoro – spiega Marta Di Martile, prima autrice dell’articolo e vincitrice di una borsa di studio triennale FIRC – abbiamo identificato un ulteriore meccanismo con cui un particolare componente cellulare chiamato bcl-2 si mostra un “alleato” del tumore, promuovendo lo sviluppo di un microambiente tumorale immunosoppressivo. Come accade questo? Tramite il reclutamento dei macrofagi pro-tumorali (i cosiddetti “poliziotti cattivi”) e una riduzione della funzionalità dei linfociti T (i “poliziotti buoni”) che in condizioni normali eliminano le cellule tumorali.”
“Lo studio – dichiara Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico del Regina Elena – apre la strada ad approcci terapeutici aggiuntivi rispetto a quelli attuali mediante approcci di ricerca traslazionale”.
Lo studio è sostenuto da Fondazione AIRC.
Nel 2019 in Italia sono stati oltre 2.000 i nuovi casi di melanoma della cute. Questo tumore ha maggiore incidenza nei giovani: rappresenta circa il 9% e il 7% dei tumori giovanili rispettivamente nei maschi e nelle femmine, posizionandosi come seconda e terza neoplasia più frequente nella fascia di età dai 0 ai 49 anni. L’identificazione dei meccanismi responsabili dell’aggressività del melanoma è di importanza cruciale, sia per una maggiore conoscenza della sua biologia sia per lo sviluppo di terapie che migliorino la prognosi dei pazienti. Nel recente studio dei ricercatori dell’Istituto Regina Elena, è stato dimostrato che la proteina bcl-2, espressa dalle cellule di melanoma, è in grado di mediare la comunicazione tra il tumore e i macrofagi, cellule del nostro sistema immunitario deputate alla protezione contro agenti estranei ma che, in particolari condizioni, possono diventare “alleati” del tumore. “Abbiamo anche identificato – precisa Del Bufalo – il ruolo centrale svolto dalla citochina IL-1β nell’orchestrare tale comunicazione tra tumore e macrofagi”.
La proteina bcl-2 è quindi in grado di influenzare l’ambiente che circonda il tumore. Per tali ragioni, farmaci inibitori della proteina bcl-2 possono risultare efficaci andando, non solo a colpire le cellule di melanoma, ma anche a interrompere il meccanismo che aiuta le cellule cancerose ad eludere il sistema immunitario.
LINK ALLO STUDIO: https://jitc.bmj.com/content/8/1/e000489