Coronavirus Fase 3: “Servono più risorse per assistenza territoriale e telemedicina”

Eventi, Notizie, Solidarietà    0 Commenti     7/07/2020

Continuare a prendersi cura dei pazienti nella fase 3 attraverso il Documento redatto dal Tavolo Tecnico istituito dal Ministero della Salute e coordinato da Francesco Cognetti, Direttore dell’Oncologia Medica 1 del Regina Elena e presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro. Dal tavolo, formato da oncologi, ematologi, cardiologi e pazienti, arriva un appello forte e chiaro alle Istituzioni: servono più risorse per realizzare quanto necessario ad assicurare una buona assistenza negli ospedali ma sempre di più sul territorio e con i mezzi offerti dalla telemedicina. L’appello è stato lanciato oggi attraverso un webinar che ha visto la partecipazione dei componenti del Tavolo tecnico.

Un documento per programmare la difesa anti-Covid

Il Documento redatto da undici specialisti tra oncologi, ematologi e cardiologi, si pone l’obiettivo di disegnare modalità organizzative e percorsi che possano ridurre al minimo il rischio di infezioni nei pazienti e nel personale sanitario. Insomma, programmare la ‘difesa’ contro tumori, malattie ematologiche e cardiache ed arrivare preparati ad un’eventuale seconda ondata del Covid nel prossimo autunno. “Pochi dubbi che la pandemia abbia investito in modo importate il Sistema sanitario nazionale mettendolo nelle condizioni di dover dare priorità assoluta ai malati Covid ponendo così in una situazione di oggettiva difficoltà tutte le altre attività mediche”, dice Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, membro del Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile e delegato del Ministro della Salute. “Tutto questo si è tradotto anche in una sospensione dei controlli medici per questo è nata l’idea del Tavolo che vuole ridefinire le regole di una sorta di nuova ‘genesi’ per la cura di questi malati”.

I costi della salute

Definiti gli obiettivi della gestione dei pazienti oncologici, ematologici e cardiologici, a preoccupare gli specialisti è innanzitutto il tema delle risorse considerate insufficienti. In Italia, i tumori costano ogni anno circa 20 miliardi di euro: le uscite per i farmaci antineoplastici, nel 2018, hanno raggiunto i 5 miliardi e 659 milioni e i costi diretti a carico dei pazienti e delle famiglie sono stimati pari a 5,3 miliardi di euro. Alla cura di tumori in stadio più avanzato corrispondono uscite sempre maggiori per le terapie. E la sospensione degli screening, la diminuzione delle visite oncologiche ambulatoriali e la cancellazione o il rinvio di numerosi interventi chirurgici, determinati dall’emergenza Covid negli ultimi mesi, rischiano di causare un aumento del numero di diagnosi di cancro in fase avanzata nei prossimi anni nel nostro Paese, con la necessità di più risorse.

Più risorse per le malattie croniche

Anche se adesso la situazione è più tranquilla, il ricordo dell’emergenza sanitaria e dei tanti morti è ancora molto presente. “È forte la preoccupazione dei pazienti che un’eventuale seconda ondata del virus in autunno possa provocare gli stessi danni a cui abbiamo assistito nella fase 1, in assenza di provvedimenti migliorativi dell’assistenza sia territoriale che ospedaliera – afferma Francesco Cognetti. – Come affermato in molte occasioni dal Ministro Speranza, serve un significativo e immediato aumento delle risorse da destinare alla sanità. Le malattie croniche hanno un impatto enorme sulla spesa sanitaria. Basta pensare che, in Italia, quasi 11 milioni di persone vivono con patologie oncologiche, ematologiche e cardiovascolari. Il sistema nella fase acuta della pandemia ha prodotto grandi risultati grazie ad un buon sistema ospedaliero e al sacrificio degli operatori sanitari, che sono stati in grado di superare le lacune organizzative della medicina territoriale”.

L’appello del Tavolo tecnico

Il Fondo sanitario nazionale per il 2020, pre-Covid, era pari a 116,474 miliardi di euro. La spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil, in Italia, nel 2018, è stata pari al 6,5%. Grandi Paesi europei come Germania (9,5%), Francia (9,3%) e Regno Unito (7,5%), nel 2018, hanno registrato percentuali di spesa pubblica in sanità rispetto al Pil decisamente più alte delle nostre (Fonte Ocse). Proprio per questo, pazienti oncoematologici, oncologi ed ematologi – membri del Tavolo Tecnico istituito dal Ministro della Salute – hanno presentato oggi un appello alle Istituzioni chiedendo finanziamenti aggiuntivi per il sistema salute, indispensabili anche per poter concretamente realizzare i programmi del Documento.
Riorganizzare la medicina del territorio

La richiesta di più fondi viene ritenuta fondamentale anche per avviare una vera e propria riorganizzazione della medicina del territorio, perché gli ospedali non possono farsi carico dell’intera gestione delle malattie croniche. “Buona parte delle criticità, emerse durante l’emergenza Covid-19, si riferiscono a carenze relative alla sanità pubblica territoriale, che inevitabilmente hanno determinato un sovraffollamento degli ospedali – spiega Giordano Beretta, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica e responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni di Bergamo. “Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 371mila nuovi casi di cancro. Per quel che attiene all’assistenza oncologica, riteniamo, come spiegato nel Documento, che una serie di attività quali i follow-up dei pazienti non più in trattamento, le attività di screening e di riabilitazione oncologica e tutte le problematiche attinenti alla gestione delle cronicità possono essere gestite in strutture sanitarie territoriali ad hoc di nuova istituzione, con una forte e strutturata collaborazione tra specialisti ospedalieri e medici di medicina generale”.

Favorire lo sviluppo della telemedicina

L’improvvisa emergenza determinata dalla pandemia ha causato uno stravolgimento dell’organizzazione delle strutture ospedaliere ed ha fatto sperimentare tutti i vantaggi e il potenziale della telemedicina: “E’ stata svolta in modo del tutto ‘artigianale’, ma ha offerto un supporto importante e va senza dubbio strutturata ed incentivata, soprattutto per i pazienti in follow-up o per quelli sottoposti a terapie orali in trattamento presso il loro domicilio”, spiega Paolo Corradini, presidente della Società Italiana di Ematologia e direttore Ematologia Istituto Nazionale Tumori di Milano. “Queste modalità di monitoraggio, però, dovrebbero prevedere piattaforme omogenee tra i vari ospedali e meccanismi amministrativi che regolino questa attività, che durante la pandemia è stata impropriamente svolta via telefono o email”.
Spazio alla ricerca e alla medicina personalizzata

Il documento prende in esame anche i temi della ricerca: “Serve forte impulso alla ricerca traslazionale e clinica, soprattutto nel settore della medicina personalizzata, privilegiando soltanto i progetti più validi e promettenti per aumentare la selettività dei trattamenti con il risultato della massima efficacia e minore tossicità”, sottolinea Cognetti. “Dovrà essere previsto un uso più esteso dei test genomici con capacità già dimostrata di markers prognostici e predittivi dei trattamenti oncologici, anche al fine di evitare, per esempio, la chemioterapia adiuvante in molte pazienti con cancro della mammella operato, così ponendo fine alle assurde discriminazioni attualmente in atto tra le Regioni a questo riguardo”.
Il ruolo delle associazioni di pazienti

Al webinar hanno partecipato anche vari rappresentanti delle associazioni di pazienti: Sabrina Nardi (AIL, Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma), Elisabetta Iannelli (Segretario Generale Federazione Italiana della Associazioni di Volontariato in Oncologia – FAVO) e Antonio Gaudioso (Segretario Generale Cittadinanzattiva). “Le associazioni di pazienti devono essere coinvolte in modo più attivo e preliminare perché siamo i primi radar a catturare i bisogni dei malati e di chi se ne prende cura. Dal nostro ascolto possono emergere le esigenze concrete da soddisfare”, commenta Elisabetta Iannelli. “Inoltre, se si vuole migliorare l’assistenza territoriale, devono essere coinvolti i medici di famiglia e gli infermieri di comunità perché potranno davvero portare la medicina nelle case dei pazienti”.

FONTE LA REPUBBLICA ONCONLINE

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