Istituto Regina Elena, risultati di studio sostenuto da AIRC appena pubblicati
IDENTIFICATA UNA FIRMA MOLECOLARE CHE PREDICE LA RESISTENZA ALL’IMMUNOTERAPIA NEL TUMORE DEL POLMONE
Ricercatrici dell’Istituto Regina Elena hanno individuato nel sangue e nel microambiente tumorale di pazienti con cancro polmonare una “firma” dei linfociti T CD8 che svela la resistenza della malattia all’immunoterapia. Se ulteriormente validata, tale firma potrebbe essere usata
come test predittivo mediante un semplice prelievo ematico.
Ricercatrici dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) e dell’Università di Tor Vergata, guidate da Paola Nisticò, hanno individuato “firme molecolari” di linfociti T CD8 associate alla risposta a trattamenti immunoterapici per il tumore polmonare. I risultati dello studio, pubblicati sul Journal of Experimental Clinical Cancer Research, hanno dimostrato che specifici linfociti T CD8 hanno caratteristiche funzionali e molecolari diverse quando si trovano nel sangue periferico o nel microambiente tumorale. Tali linfociti esprimono peraltro combinazioni di molecole d’inibizione e attivazione della risposta contro il cancro. Nello studio sono state utilizzate tecniche innovative tra cui il sequenziamento di RNA messaggero a livello di singole cellule. Si è così individuato un gruppo di geni in grado di agire sulla funzionalità dei linfociti, e associati alla malattia di pazienti che rispondono o meno all’immunoterapia. Una delle “firme molecolari” identificate è in particolare associata ai linfociti T CD8 presenti sia nel sangue periferico sia nel sito del tumore e potrebbe, quindi, rappresentare un biomarcatore non invasivo per monitorare la risposta al trattamento mediante un prelievo ematico.
Inoltre i ricercatori hanno dimostrato che l’espressione contemporanea dei geni per la proteina PD1 e per un’altra molecola inibitoria, la TIGIT, rende i linfociti T non funzionali. Come un doppio freno, queste proteine impediscono alla cellula immunitaria di entrare in azione contro il tumore. I dati ottenuti indicano quindi l’importanza di bloccare contemporaneamente i due inibitori, per “risvegliare” le funzioni anti tumorali dei linfociti T e ottenere una migliore risposta clinica nei pazienti.
Lo studio, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, è stato condotto da Belinda Palermo, ricercatrice presso l’Unità di Immunologia e Immunoterapia, e da Ornella Franzese dell’Università di Tor Vergata, nell’Unità di Immunologia e Immunoterapia dell’IRE diretta da Paola Nisticò.
I linfociti T sono, per così dire, i direttori d’orchestra della risposta contro i tumori e sono regolati da complessi equilibri che controllano sia la loro attivazione sia la loro inibizione. Se per l’attivazione occorrono molecole stimolatorie, l’inibizione dipende dai cosiddetti checkpoint immunologici inibitori, tra i quali il principale è rappresentato dalla proteina PD-1. Anticorpi contro PD-1 riattivano i linfociti T permettendo loro di riconoscere e uccidere le cellule tumorali. Il loro impiego nella pratica clinica ha cambiato radicalmente lo scenario dei trattamenti disponibili contro i tumori del polmone. Purtroppo, solo una percentuale dei pazienti risponde a queste terapie e da qui l’importanza d’identificare quali altre molecole inibitorie, anche nel microambiente tumorale, sono coinvolte nei meccanismi di resistenza.
“È da diversi anni – dice Paola Nisticò – che il nostro gruppo di ricerca si pone l’obiettivo di svolgere uno studio integrato sul profilo molecolare e sulla funzionalità di linfociti T sia nel sangue periferico sia nel distretto tumorale. Quest’ultimo è molto spesso immunosoppressivo.”
“In questo studio – spiega Belinda Palermo –abbiamo analizzato i linfociti sia del sangue periferico sia infiltranti il tumore, grazie a tecniche di sequenziamento di RNA messaggero a singola cellula. Lo scopo era identificare sottopopolazioni funzionalmente attive contro le cellule tumorali.”
“Nel nostro studio – prosegue Ornella Franzese – abbiamo valutato il ruolo chiave del recettore CD28 e individuato il suo ruolo fondamentale nella funzionalità di linfociti T che esprimono il recettore inibitorio PD-1”.
“Tutti i dati ottenuti in pazienti affetti da tumore del polmone al momento dell’intervento chirurgico – dichiara Paola Nisticò – sono stati poi analizzati, grazie al lavoro di bioinformatici, in un’ampia casistica di pazienti con tumore del polmone trattati con inibitori dei checkpoint immunitari. Le ‘firme molecolari’ che abbiamo identificato possono contribuire a individuare i pazienti che rispondono o sono invece resistenti alla terapia. Se validati in più ampi studi clinici, potrebbero rappresentare un importante biomarcatore di risposta. Inoltre, i risultati ottenuti confermano la rilevanza di metodologie innovative, quale l’analisi a singola cellula, per definire sempre più efficaci strategie di immunoterapia”.
“La medicina di precisione – conclude Gennaro Ciliberto, Direttore Scientifico IRE – sta facendo enormi progressi anche nell’ambito dell’immunoterapia. Sapere in anticipo quali pazienti beneficeranno di una terapia e quali invece mostreranno resistenza è molto importante per ottimizzare le scelte del percorso di cura. Se i risultati saranno confermati ci sarà dunque la possibilità concreta di mettere a punto un nuovo test che utilizzi questi marcatori predittivi di risposta all’immunoterapia”.