L’empatia nella cura oncologica: elemento importante per il benessere del paziente

Eventi, Notizie    0 Commenti     10/10/2024

L’empatia è da tempo riconosciuta come un elemento essenziale nel rapporto tra operatori sanitari e pazienti, ma nuove evidenze scientifiche ne stanno sottolineando l’importanza specifica nella terapia oncologica. Nella cura del cancro, infatti, l’ascolto attivo, la comprensione reciproca e la creazione di una relazione empatica possono influenzare positivamente non solo lo stato emotivo del paziente, ma anche l’esito clinico delle terapie.

L’empatia e il suo impatto scientificamente provato

L’evento che si è svolto ieri agli IFO, dal titolo: “L’importanza dell’empatia nella terapia oncologica: evidenze scientifiche”, ha evidenziato l’importanza di integrare l’empatia come parte  del percorso terapeutico. Molte ricerche recenti dimostrano che può ridurre significativamente i livelli di ansia e depressione nei pazienti oncologici, migliorando la loro adesione alle cure e la soddisfazione generale.

I diversi tipi di empatia

L’empatia, però, non è un concetto unico. Esistono infatti diversi tipi di empatia che, se ben comprese, possono essere applicate nel contesto clinico:

1. Empatia Cognitiva: è la capacità di comprendere ciò che un paziente sta provando a livello razionale, senza necessariamente condividerne l’emozione. Si tratta di una comprensione intellettuale del punto di vista dell’altro, fondamentale per rispondere in maniera adeguata alle necessità del paziente.

2. Empatia Emotiva: riguarda la capacità di percepire e condividere le emozioni del paziente. Questo tipo di empatia permette ai medici di sintonizzarsi emotivamente con il malato, offrendo un supporto più personale e creando un ambiente di cura più accogliente.

3. Empatia Compassionevole: Non solo comporta comprendere e sentire le emozioni del paziente, ma anche il desiderio di intervenire per alleviare la sofferenza. È questa la forma di empatia che più si avvicina all’azione terapeutica, poiché spinge i medici a intraprendere passi concreti per migliorare lo stato del paziente.

Un approccio empatico che influenza la sopravvivenza

In alcuni casi, l’empatia è stata addirittura associata a un miglioramento della sopravvivenza dei pazienti. Un fenomeno che può sembrare sorprendente, ma che trova conferma in numerose pubblicazioni scientifiche. La capacità del medico di stabilire una connessione emotiva sincera con il paziente aiuta a ridurre la percezione del dolore e degli effetti collaterali, migliorando la risposta alle terapie oncologiche.

Uno degli interventi più rilevanti durante l’evento è stato quello di Maria Perrone, psicologa IFO specializzata nel supporto ai pazienti oncologici, che ha sottolineato come la drammaterapia e altre forme di supporto emotivo non convenzionale abbiano dimostrato di influenzare positivamente lo stato psico-fisico dei malati.

L’importanza della formazione del personale sanitario

Un altro punto cruciale emerso dal convegno è l’urgenza di formare i professionisti della salute nello sviluppo di competenze empatiche. L’intervento di Virginia Scarinci, bibliotecaria presso l’IFO, ha mostrato come raccontare storie ed esperienze personali può aiutare a costruire una relazione più profonda tra medico e paziente, migliorando la qualità delle cure offerte. La narrazione e l’ascolto attivo non sono solo strumenti di comunicazione, ma veri e propri alleati terapeutici.

In un mondo dove la tecnologia e i farmaci innovativi dominano la scena medica, l’empatia emerge come un complemento indispensabile nella cura del cancro. Migliorare la relazione tra medico e paziente non significa solo ridurre il carico emotivo del malato, ma può influire concretamente sulla sua capacità di affrontare la malattia e di aderire alle terapie proposte. Come sottolineato durante l’evento, l’integrazione di competenze empatiche non è solo un valore aggiunto, ma una vera e propria necessità nella medicina moderna, soprattutto in un ambito così delicato come quello oncologico.

Si ringraziano per gli interessanti contributi Elena Pattini, Università degli Studi di Parma, Alfonso Troisi, Università di Torvergata Roma, Amalia Egle Gentile, Istituto Superiore di Sanità, Cecilia Cercato, Istituto Regina Elena, Cristina Cenci, Dnm – Center for Digital Health Humanities, Aurora De Leo, IFO, Maria Grazia Punzo, Pagaie Rosa Onlus.

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