La Prostatectomia radicale è un intervento chirurgico, eseguito abitualmente in anestesia generale, che prevede l’asportazione totale della prostata, delle vescicole seminali (piccoli organi localizzati dietro la prostata) e di un tratto dei dotti deferenti (i condotti che trasportano il seme dai testicoli all’uretra). Una contestuale linfadenectomia pelvica è indicata nei pazienti rischio stimato di metastasi linfonodali >5%.
I tessuti asportati saranno poi esaminati al microscopio per ottenere un esame istologico che consenta di stabilire in maniera definitiva il grado di aggressività della malattia e di valutarne l’estensione locale. Sarà così possibile attuare le opportune scelte cliniche e programmare la prosecuzione delle cure sulla base delle reali caratteristiche tumorali.
L’approccio chirurgico può essere: “a cielo aperto”: con incisione della cute tra ombelico e pube, laparoscopico: mediante l’utilizzo di strumenti miniaturizzati manovrati direttamente dal chirurgo o robotico: in cui gli strumenti laparoscopici sono collegati ad un robot, a propria volta manovrato dal chirurgo.
La radicalità oncologica è la medesima indipendentemente dalla tecnica chirurgica prescelta; tuttavia la laparoscopia e la robotica assicurano un minor rischio di complicanze perioperatorie, poiché l’urologo esegue l’intervento osservando una immagine ingrandita dell’interno del corpo che consente una precisa dissezione della prostata rispetto alle strutture circostanti, ed un recupero più rapido dopo la dimissione dal momento che l’intera procedura è eseguita attraverso incisioni cutanee di pochi millimetri.
I candidati ideali per questo tipo di intervento sono tutti i pazienti che, avendo una aspettativa di vita più che decennale ed una malattia non metastatica alla diagnosi, possono essere guariti dall’intervento, o ottenere da esso la maggiore probabilità di cura e controllo di malattia.
[/accordion_item][/accordion_container]