Il tumore del rene rappresenta il 3% circa di tutte le neoplasie solide dell’adulto, con una maggiore incidenza nei paesi industrializzati. Esistono numerose varianti ognuna con specifiche caratteristiche istopatologiche e genetiche. Il sottotipo carcinoma a cellule chiare, che origina dall’epitelio dei tubuli prossimali renali, comprende circa il 78% di tutte le neoplasie renali.
La diagnosi di tumore del rene nei pazienti più giovani è in costante aumento. Circa il 50% di esse vengono scoperte casualmente (diagnosi incidentale) in corso di ecografia eseguita per altri motivi. Vi è una predominanza degli uomini sulle donne con un rapporto 2 a 1 ed il picco di incidenza è tra i 50 ed i 70 anni di età. Il tasso di mortalità per questa malattia era elevato fino a 20 anni fa, mentre ora risulta in notevole diminuzione.
Fattori di rischio
I principali fattori di rischio per lo sviluppo dei tumori del rene sono il fumo, l’obesità, la terapia antipertensiva e la familiarità, l’esposizione ad alcuni agenti inquinanti ambientali o professionali (petrolio, idrocarburi, cadmio, piombo, arsenico) e l’abuso di analgesici contenenti acetaminofene o fenacetina. I pazienti con malattia cistica acquisita, con insufficienza renale in corso di dialisi e quelli esposti a radiazioni ionizzanti presentano un rischio maggiore di sviluppare la malattia.
Diagnosi
L’utilizzo d’indagini diagnostiche sempre più avanzate (TC, RMN) ha consentito negli ultimi anni una più frequente e precoce diagnosi delle neoplasie renali, aumentando di conseguenza il riscontro di tumori di dimensioni sempre minori. I classici sintomi del tumore del rene (colica o dolore al fianco, macroematuria, ovvero il riscontro di sangue nelle urine e massa addominale palpabile) oggi sono davvero aneddotici. Infatti, la maggior parte delle masse renali sono diagnosticate ecograficamente quando sono ancora asintomatiche. Ciononostante, il 30% dei pazienti presenta metastasi già al momento della diagnosi. Spesso tali sedi metastatiche sono asintomatiche ugualmente; relativamente alle localizzazioni metastatiche, esse sono estremamente variabili e talvolta si riscontrano in sedi tipiche come polmoni ed ossa, presentando sintomi specifici come dolori ossei o tosse persistente, rispettivamente. In alcuni casi possono dar luogo a sintomi estremamente variabili (sindromi paraneoplastiche). Le più comuni sono rappresentate da: cachessia, ipertensione, perdita di peso, iperpiressia, neuromiopatia, amiloidosi, policitemia, anemia, funzione epatica alterata, ipercalcemia.
La diagnosi delle neoplasie renali è totalmente basata sull’uso delle indagini radiologiche come ecografia, TC o risonanza magnetica. L’ecografia è spesso utilizzata per una prima valutazione e, come detto, solitamente è un esame fatto per altri motivi (esame di primo livello). Ha il vantaggio di non utilizzare radiazioni né mezzi di contrasto iodati, di avere un costo limitato ed è facilmente ripetibile avendo un’ottima accessibilità. E’ un esame utile per discriminare le lesioni cistiche da quelle solide o per monitorare la crescita del tumore. Tuttavia il suo potere diagnostico è basso per tumori di dimensioni inferiori ai 2 cm di diametro a causa delle caratteristiche morfologiche del tumore del rene spesso indistinguibili dal tessuto sano.
La TC e la risonanza magnetica forniscono informazioni circa dimensioni e funzionamento dei reni, ovviamente sono in grado di definire la presenza, le dimensioni, l’estensione di un eventuale tumore, la sua posizione anatomica, l’eventuale coinvolgimento dei vasi renali, il coinvolgimento dei linfonodi e lo stato degli organi adiacenti e permettono un’ottimizzazione del successivo iter terapeutico. Per le suddette ragioni, l’utilizzo della biopsia per fare diagnosi di neoplasia renale, a differenza di quasi tutti gli altri tumori solidi, è relegata a rari casi in cui la caratterizzazione istologica della lesione possa far modificare l’iter terapeutico (esempio nefrectomia parziale versus nefrectomia radicale).
Classificazione
Nell’ambito delle neoplasie maligne del rene la forma più frequente è il Carcinoma a Cellule Chiare, mentre tra le neoplasie benigne, l’Angiomiolipoma e l’Oncocitoma sono le forme più frequenti. Tuttavia, esistono diverse varianti istologiche del tumore del rene. La sua classificazione, inoltre, viene effettuata in base alla estensione locale della malattia e/o al coinvolgimento linfonodale o di organi a distanza (stadio di malattia)
Trattamento
L’obiettivo primario nel trattamento dei tumori del rene è rappresentato dalla rimozione completa della massa neoplastica associata alla massima preservazione della funzione renale. Questo aspetto assume particolare rilevanza nei pazienti con un solo rene o affetti da coesistenti malattie renali mediche (ad esempio il diabete).
Presso il nostro Istituto sono routinariamente eseguite tutte le opzioni di trattamento:
- Sorveglianza Attiva
- Crioablazione Percutanea TC Guidata
- Nefrectomia Parziale
- Nefrectomia Radicale
- Nefrectomia Radicale con Asportazione del Trombo Cavale
La Sorveglianza Attiva è solitamente impiegata per masse renali inferiori ai 3 cm, in pazienti le cui condizioni di salute siano tali da far giudicare l’intervento chirurgico rischioso. Lo scopo della sorveglianza attiva è di monitorare radiologicamente la lesione nel tempo, così da prevenire la progressione del tumore ed evitare i potenziali rischi e gli effetti collaterali che potrebbero derivare dal trattamento chirurgico. L’eventuale crescita della lesione può indicare un trattamento attivo, come ad esempio la Crioablazione Percutanea. Il paziente deve sottoporsi a delle visite specialistiche ad intervalli regolari ogni 6 o 12 mesi, per la valutazione dei controlli radiologici eseguiti. La frequenza con cui bisognerà recarsi dal medico dipenderà dalla dimensione del tumore e dallo stadio.
Il trattamento di scelta del tumore renale rimane l’intervento chirurgico che garantisce i migliori risultati in termini di radicalità oncologica. Se tecnicamente fattibile, esso è mirato a rimuovere solamente la parte ammalata del rene, cioè ad un’escissione chirurgica limitata alla massa tumorale. Questo tipo di approccio viene definito “Nefrectomia Parziale” (chirurgia “nephron-sparing”).
Nel nostro centro, la tecnica robotica rappresenta l’approccio di scelta per la nefrectomia parziale. In particolare, la tecnica robotica consente di operare con un notevole ingrandimento visivo (circa 10 volte) e con una visione tridimensionale. L’approccio robotico permette al chirurgo di identificare anche i più piccoli dettagli anatomici e di eseguire l’intervento con una accuratezza significativamente superiore a quanto sia possibile ottenere con la chirurgia classica a cielo aperto o con quella laparoscopica, garantendo tempi di degenza e recupero significativamente inferiori (2-3 giorni circa) dovuti ad una netta riduzione nelle perdite ematiche ed un minor dolore post-operatorio. L’esperienza robotica ci ha permesso di trattare lesioni sempre più grandi, superiori ai 4cm, successivamente anche superiori ai 7cm ed infine lesioni totalmente interne al rene.
La possibilità di eseguire una nefrectomia parziale anziché radicale, ovvero di salvare il rene asportando solo il tumore, è sicuramente legata all’esperienza ed al volume del centro. Da alcuni anni, la percentuale di nefrectomie radicali per tumori sotto i 7 cm presso il nostro centro è calata al <5%. Dal 2011, stabilmente, il nostro è il centro a maggior volume per il trattamento delle neoplasie renali nella regione Lazio e nell’intero centro-sud Italia.
Presso il nostro Istituto si eseguono annualmente quasi 90-100 nefrectomie radicali e 160-180 nefrectomie parziali.
Talvolta, la crescita del tumore all’interno del rene causa una infiltrazione della via urinaria o del sistema venoso (trombosi veno-cavale), che si manifesta col sanguinamento nelle urine: questa è l’unica condizione assoluta nella quale si rende necessaria l’asportazione dell’intero rene. Per garantire un controllo oncologico ottimale al paziente, si rende quindi necessaria l’asportazione dell’intero organo, intervento noto come Nefrectomia Radicale. Esso consiste nell’asportare il rene, ed a volte il surrene e le strutture anatomiche che li circondano come ad esempio i linfonodi. Tale decisione viene di solito stabilita preoperatoriamente mentre altre volte può verificarsi anche durante l’intervento chirurgico. Inoltre, la conformazione anatomica del paziente e le caratteristiche della massa renale possono influenzare notevolmente la tecnica chirurgica da adottare (open/laparoscopica/robotica). All’Istituto Regina Elena l’intervento viene effettuato in laparoscopia anche quando il tumore renale è di dimensioni elevate o quando è eseguito in presenza di metastasi. In questo ambito, la rimozione mininvasiva del tumore principale nell’ambito di un trattamento multispecialistico rappresenta il primo step terapeutico. Successivamente, previa valutazione oncologica, il paziente verrà sottoposto a dei trattamenti farmacologici di nuova generazione.
Laddove sia presente una estensione del tumore all’interno della vena renale o della vena cava inferiore (trombosi veno-cavale), la nefrectomia radicale (asportazione di tutto il rene) con trombectomia cavale (rimozione del trombo occludente la vena cava) rappresenta il trattamento standard in caso di tumore renale maligno che abbia invaso la vena renale o la vena cava determinando una trombosi neoplastica. E’ una condizione rara (<5% dei casi) e solitamente si associa alla presenza di metastasi al momento della diagnosi. In questi casi l’intervento chirurgico standard è rappresentato dalla nefrectomia radicale associata alla contestuale asportazione del trombo neoplastico, che in alcuni casi può sviluppare dimensioni tali da raggiungere le cavità destre del cuore. Mediante questa procedura chirurgica, vengono asportati l’intero rene malato, il surrene, i linfonodi circostanti e contestualmente viene rimosso anche il trombo che ha causato l’occlusione. Presso il nostro istituto anche questo intervento può essere eseguito interamente, in casi selezionati, con la tecnica robotica potendo contare in questo specifico ambito, grazie ad una collaborazione con l’USC (University of Southern California) su un’esperienza chirurgica tra le maggiori al mondo.
Questo ambito rappresenta uno dei principali campi di ricerca chirurgica del nostro gruppo. L’obiettivo è quello di standardizzare ed implementare l’utilizzo del robot anche nei casi più avanzati per garantire al paziente un rapido recupero e minimizzare per quanto possibile, gli effetti di una chirurgia complessa sulla qualità della vita.