La via escretrice superiore inizia con i calici, piccoli imbuti che raccolgono l’urina appena prodotta convogliandola verso la pelvi renale. Quest’ultima, una coppa di circa 1-2 cm2, si svuota nell’uretere, un organo tubulare di circa 20-25 cm che riversa nella vescica il proprio contenuto. Tali strutture sono internamente rivestite da cellule speciali, organizzate a costituire il cosiddetto “urotelio” o “epitelio di transizione”, il medesimo che ricopre tutta la via urinaria.
Il tumore dell’alta via escretrice consiste nella crescita di tessuto anomalo all’interno del lume delle strutture sopramenzionate. Le forme benigne sono rare; il più delle volte si tratta di neoplasie maligne che assumono la forma di una piccola arborescenza (forma vegetante) o, più raramente, si presentano come una lesione piatta ed arrossata (carcinoma in situ – CIS). Tali tumori hanno vari gradi di aggressività (G1-3) e possono estendersi più o meno in profondità: mentre le forme di “basso grado” crescono verso il lume dell’organo (Ta), quelle di “alto grado” tendono precocemente ad approfondirsi nella parete (T1-T2) e, stante il suo esiguo spessore, possono fuoriuscirne (T3) ed eventualmente estendersi alle strutture adiacenti (T4). I tumori d’alto grado hanno un comportamento estremamente aggressivo e possono dare metastasi a distanza se non trattati in maniera opportuna e tempestiva. L’insieme di queste informazioni costituiscono lo Stadio di Malattia.
Tali tumori possono manifestarsi in una singola sede o in più punti lungo tutta la via urinaria. Eventuali localizzazioni multiple possono essere contemporaneamente presenti al momento della diagnosi (“sincrone”) o insorgere in momenti successivi (“metacrone”). Per questo motivo, fin dalla prima diagnosi, i soggetti affetti dovranno essere sottoposti ad esami specifici (Uro-TC, citologia urinaria ed uretrocistoscopia) per escludere la contemporanea presenza o la successiva comparsa di altre manifestazioni della medesima malattia in altri tratti della via escretrice.
Fattori di rischio
Tutti i carcinomi uroteliali, fino a poco tempo fa definiti “a cellule transizionali”, indipendentemente dalla sede di insorgenza, condividono i medesimi fattori di rischio. Sono più frequenti dopo i 60 anni. Il fumo di sigaretta ne rappresenta l’agente causale in più della metà dei casi. Alcune professioni (benzinaio, pittore, parrucchiere), si associano ad un rischio aumentato, a causa della esposizione a particolari sostanze chimiche cancerogene.
Segni e sintomi
Il riscontro di sangue nelle urine (“ematuria macroscopica” o “macroematuria”) rappresenta quasi sempre il sintomo d’esordio. Quando il sanguinamento è abbondante, può fare la sua comparsa anche la “colica renale”, cioè un forte dolore lombare, che va e viene, potenzialmente irradiato anteriormente verso il fianco e la regione inguinale omolaterale.
Nelle forme avanzate può osservarsi calo ponderale. Il dolore osseo rappresenta talvolta l’espressione di metastasi scheletriche.
Gli esami solitamente necessari per porre diagnosi sono:
- Ecografia dell’apparato urinario: utile per identificare neoformazioni vegetanti maggiori di 5 mm a carico di calici e pelvi renale e per documentare un’eventuale dilatazione degli ureteri (detta idronefrosi) che rappresenta il segno indiretto della presenza di un ostacolo al deflusso dell’urina. Può inoltre aiutare ad escludere la contestuale presenza di macroscopiche neoplasie vescicali.
- Uro-TC e/ Uro-RM: per valutare l’estensione locale della malattia e dimostrare eventuali coinvolgimenti linfonodali o localizzazioni secondarie (metastasi).
- Citologia urinaria su tre campioni: per la ricerca di cellule neoplastiche nelle urine. Tale esame è utile per sapere preliminarmente e con elevata sensibilità se si tratta di una neoplasia di alto grado.
- Uretrocistoscopia: è un esame ambulatoriale che consente all’urologo di esplorare il lume di uretra e vescica per il tramite di uno strumento sottile e flessibile, simile ad un catetere provvisto di telecamera, al fine di escludere con precisione la contemporanea presenza di neoformazioni vescicali. Cistoscopie periodiche vengono programmate nei pazienti già sottoposti a terapia chirurgica per un carcinoma dell’alta via, con l’intento di diagnosticare precocemente eventuali lesioni metacrone a carico del basso tratto urinario, ovvero vescica ed uretra.
- Ureteroscopia: questo esame, eseguito in sala operatoria, in anestesia generale, consiste nella esplorazione endoscopica (cioè ottenuta per mezzo di una telecamera montata su un lungo strumento sottile capace di risalire lungo l’uretere) di tutta l’alta via escretrice con la finalità di identificare eventuali neoformazioni presenti delle quali, se necessario, è possibile prelevare un campione bioptico.
Terapia
La “nefroureterectomia”, cioè l’asportazione chirurgica di rene ed uretere del lato affetto, rappresenta il trattamento standard dei carcinomi dell’alta via escretrice, indipendentemente dalla loro sede. Tale procedura veniva un tempo eseguita “a cielo aperto”, cioè mediante una estesa incisione cutanea addominale o del fianco. Da circa 10 anni, nel nostro centro, tutti questi interventi sono condotti con un approccio mini-invasivo, per il tramite di piccole incisioni praticate sulla cute che consentano l’introduzione di sottili strumenti mossi direttamente dall’operatore (“laparoscopia convenzionale”) o da un sistema robotico controllato dall’urologo (“laparoscopia robot-assistita” o, più semplicemente, “robotica”). Si tratta di procedure complesse, eseguiti con successo in pochi centri ad alto volume, che permettono di ottenere un minor sanguinamento intraoperatorio e una più rapida ripresa nel post operatorio. Uno studio eseguito ormai 10 anni fa presso il nostro centro ha dimostrato la superiorità della chirurgia mini-invasiva sulla chirurgia a cielo aperto in questo specifico campo.
In casi selezionati e specialmente nelle forme di basso grado a localizzazione ureterale, è possibile risparmiare il rene. Si può infatti scegliere di eseguire una ablazione laser della neoplasia oppure si può optare per la rimozione del tratto di organo affetto da malattia per poi ricostituire la continuità della via urinaria confezionando un legame chirurgico (chiamato “anastomosi”) tra i due monconi di uretere sano. Anche quest’ultimo intervento, particolarmente complesso, viene eseguito nel nostro centro con approccio robotico, con risultati eccellenti.